Pablo Neruda poesie: le più belle opere del Premio Nobel cileno

2022-11-14 14:50:08 By : Mr. yifei xiang

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Pablo Neruda è stato uno dei poeti e degli scrittori più importanti della storia, oltre che uno degli esponenti più celebri della letteratura cilena e latino americana. Vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1971, è una figura controversa, amata e odiata al contempo, lei cui parole però sono rimaste scolpite nella nostra memoria. Ecco alcune delle sue poesie più belle e significative.

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Pablo Neruda, il cui vero nome era Ricoardo Eliécer NeftalÍ Basolato, nasce a Parral nel 1904. Pablo perde la madre molto giovane e quindi si trasferisce con il padre e la sua nuova compagna in un’altra regione del Cile, vivendo poi con i suoi fratellastri. La sua passione per la poesia incomincia da molto piccolo e fortunatamente viene incoraggiato da Gabriela Mistral, poetessa e futura vincitrice del Premio Nobel. Grazie al suo sostegno, perché il padre era contrario alle sue velleità artistiche, Pablo Neruda comincia a scrivere proprio sotto questo pseudonimo (dedicato a Jan Neruda) che gli permetteva di scrivere senza che il padre lo scoprisse. Nel 1921 Pablo Neruda si trasferisce a Santiago per studiare francese e diventare insegnante, attività che lascerà per dedicarsi alla poesia. La prima pubblicazione seria è già del 1923: i versi del “Crepuscolario” vengono apprezzati da scrittori dell’epoca e gli permettono di essere pubblicato. Tuttavia Pablo Neruda non è solo poeta e scrittore, ma anche politico. La povertà lo costringe ad accettare un lavoro come console in Birmania e poi altri viaggi che lo porteranno a comporre moltissimi versi, ma anche a sposarsi con una banchiera olandese. Viaggia soprattutto in Argentina e Spagna: diventa console di Madrid, conosce grandi autori spagnoli come García Lorca e César Vallejo e ha la sua prima figlia, purtroppo morta giovane. Questo causerà un allontanamento dalla prima moglie. All’apice di questa divisione, Pablo Neruda conoscerà e sposerà la seconda moglie, comunista argentina che lo avvicinerà alle idee marxiste. Già fortemente contrario al fascismo di Francisco Franco, Pablo Neruda si avvicina sempre di più al comunismo. La morte di García Lorca per mano del regime, porterà al totale appoggio da parte di Pablo Neruda del fronte repubblicano. Nei suoi discorsi, negli scritti e nelle poesie si contrapporrà totalmente alla dittatura franchista. Nel 1938 ottiene l’incarico dal presidente cileno di fare evacuare degli esiliati spagnoli dai campi francesi. Nel 1940 aiutò il pittore messicano Siqueiros a ottenere un visto cileno su richiesta del Presidente messicano. Le poesie dell’epoca riflettono la sua ideologia, anche contro l’Imperialismo americano e l’abuso delle multinazionali.

Negli anni successivi Pablo Neruda esprime sempre di più la sua ammirazione per l’Unione Sovietica, il suo ruolo nella sconfitta del nazismo e per Stalin. Dopo aver saputo delle purghe staliniste, Pablo Neruda cambia opinione e rinnega sia le sue opere precedenti che i suoi discorsi di ammirazione. Questa delusione lo porta ad avere dubbi anche sul comunismo cinese, anche la sua fede politica rimane sempre comunista. Infatti negli anni aderirà ufficialmente al Partito Comunista del Cile, assumerà la direzione della campagna elettorale per il candidato del Partito Radicale cileno Videla, che una volta eletto si rivelerà un voltagabbana. Il vero punto di non ritorno è la repressione violenta che Videla attua contro i minatori in rivolta nel 1947. Lo shock di Pablo Neruda lo porta a fare un discorso molto pesante contro il nascente autoritarismo di Videla, discorso che lo porterà a un ordine di arresto. Per sottarsi alla prigione, Pablo Neruda scappa in esilio in Argentina nel 1949, sotto il governo Perón. Durante l’esilio lascia l’Argentina, grazie a Pablo Picasso arriva a Parigi e si presenta clamorosamente al Congresso dei Partigiani della Pace. Compie poi numerosi viaggi in Europa, India, Cina, Messico e URSS. Neruda soggiorna per un po’ anche a Capri e a Sant’Angelo d’Ischia. Pablo Neruda riesce a tornare a casa solo nel 1952, quando il governo Videla è alla fine e Salvador Allende è candidato a nuovo Presidente per Il Partito Socialista e richiede la presenza di Neruda. Tornato in patria, Neruda lascia la seconda moglie e sposa una donna messicana intanto conosciuta in esilio, ottiene il Premio Stalin per la Pace e torna a darsi da fare per la causa comunista, posizionandosi contro la crisi missilistica di Cuba e gli Stati Uniti, contro la guerra in Vietnam. Queste posizioni lo portarono nel mirino della CIA, che cercò negli anni di screditarlo in ogni modo. Candidato al Nobel per la Letteratura nel 1964, Pablo Neruda fu invitato a New York per il congresso degli scrittori. Un atto rivoluzionario in piena Guerra Fredda. Questo non cambia le sue posizioni: quando muore Ernesto Che Guevara, Pablo Neruda scrive un gran numero di pezzi alla sua memoria. Negli ultimi anni di vita, fu candidato alla carica di Presidente in Cile, ma rifiutò in favore e a sostegno di Salvador Allende, che aiutò a salire alla carica. Neruda accetta la carica di ambasciatore presso Parigi tra il 1970 e il 1972. Nel frattempo ottiene il Premio Nobel per la Letteratura nel 1971. Purtroppo assiste al colpo di stato del generale Pinochet nel 1973 e si prepara a espatriare di nuovo verso il Messico. Tuttavia le sue condizioni di salute si aggravano (aveva un tumore alla prostata) e muore il 24 settembre 1973. La sua morte è ancora oggi in parte misteriosa e controversa, il suo funerale è stato uno dei primi grandi atti di rivoluzione alla dittatura di Pinochet, che durerà fino al 1990.

La morte di Neruda rimane controversa, perché nonostante il suo tumore alla prostata in molti testimonieranno per la sua uccisione da parte della nascente dittatura. La sua salma è stata riesumata 40 anni dopo la morte e dopo che l’autista di Neruda affermò che Neruda fosse stato ucciso da un’iniezione letale nell’ospedale dov’era ricoverato. L’ipotesi dell’assassinio è a oggi smentita dai rilevamenti medici, anche se l’autista affermò di aver visto un medico entrare nella sua stanza e praticargli un’iniezione. L’uomo parrebbe identificato con Michael Townley, agente segreto della CIA. Della stessa teoria è l’ultima moglie di Pablo Neruda, che racconta di una telefonata del marito che in ospedale era molto preoccupato per un’iniezione che gli era stata fatta. Il dottore che lo teneva in cura fornì l’identikit del medico che fece l’iniezione e questo assomigliava proprio a Michael Townley. L’infermiera di Pablo Neruda sostenne la stessa teoria. Nel 2013, il direttore del servizio medico cileno fece analizzare la salma di Pablo Neruda, ma non furono trovati segni di veleni o simili. I nipoti di Neruda continuano a sostenere che non tutti i veleni lasciano tracce. Nel 2015, un gruppo di ricerca spagnolo trova strane tracce di proteine animali nelle ossa di Neruda, che lascerebbero il sospetto di un’azione esterna. Tuttavia l’indagine sulla morte di Pablo Neruda è pronta all’archiviazione, ma il governo cileno ha permesso la redazione di un documento che per la prima volta lascia dubbi sulla morte del poeta e smentisce le cause di morte dichiarate dal governo di Pinochet. Altre controversie che riguardano Pablo Neruda, invece, sono legate alle sue poesie che in alcuni punti dimostrano una visione sessista, maschilista, retrograda e violenta dell’uomo. Alcune poesie sottolineano addirittura dei passi legati a delle violenze nei confronti di varie donne. Proprio per tali prove, oggi la figura di Pablo Neruda è fortemente controversa non solo in ambito politico ma anche sociale, con vari movimenti femministi che ne contestano il ruolo. Quello che resta, oggi, è l’importanza di un poeta che volente o nolente ha fatto la storia del suo paese e ha lasciato un patrimonio in testi e poesie che ancora oggi restano immortali.

Ode al giorno felice Questa volta lasciate che sia felice, non è successo nulla a nessuno, non sono da nessuna parte, succede solo che sono felice fino all’ultimo profondo angolino del cuore. Camminando, dormendo o scrivendo, che posso farci, sono felice. sono più sterminato dell’erba nelle praterie, sento la pelle come un albero raggrinzito, e l’acqua sotto, gli uccelli in cima, il mare come un anello intorno alla mia vita, fatta di pane e pietra la terra l’aria canta come una chitarra. Se saprai starmi vicino Se saprai starmi vicino, e potremo essere diversi, se il sole illuminerà entrambi senza che le nostre ombre si sovrappongano, se riusciremo ad essere “noi” in mezzo al mondo e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere. Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo e non il ricordo di come eravamo, se sapremo darci l’un l’altro senza sapere chi sarà il primo e chi l’ultimo se il tuo corpo canterà con il mio perchè insieme è gioia… Allora sarà amore e non sarà stato vano aspettarsi tanto. T’amo senza sapere come, ne’ quando, ne’ da dove, t’amo direttamente senza problemi ne’ orgoglio: cosi’ ti amo perche’ non so amare altrimenti che così, in questo modo in cui non sono e non sei, così vicino che la tua mano sul mio petto e’ mia, così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno. Giochi ogni giorno con la luce dell’universo. Giochi ogni giorno con la luce dell’universo. Sottile visitatrice, giungi nel fiore e nell’acqua. Sei più di questa bianca testina che stringo come un grappolo tra le mie mani ogni giorno. A nessuno rassomigli da che ti amo. Lasciami stenderti tra le ghirlande gialle. chi scrive il tuo nome a lettere di fumo tra le stelle del sud? Ah lascia che ricordi come eri allora, quando ancora non esistevi. Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa. Il cielo è una rete colma di pesci cupi. Qui vengono a finire i venti, tutti. La pioggia si denuda. Passano fuggendo gli uccelli. Il vento. Il vento. Io posso lottare solamente contro la forza degli uomini. Il temporale solleva in turbine foglie oscure e scioglie tutte le barche che iersera s’ancorarono al cielo. Tu sei qui. Ah tu non fuggi. Tu mi risponderai fino all’ultimo grido. Raggomitolati al mio fianco come se avessi paura. Tuttavia qualche volta corse un’ombra strana nei tuoi occhi. Ora, anche ora, piccola mi rechi caprifogli, ed hai persino i seni profumati. Mentre il vento triste galoppa uccidendo farfalle io ti amo, e la mia gioia morde la tua bocca di susina. Quanto ti sarà costato abituarti a me, alla mia anima sola e selvaggia, al mio nome che tutti allontanano. Abbiamo visto ardere tante volte l’astro baciandoci gli occhi e sulle nostre teste ergersi i crepuscoli in ventagli giranti. Le mie parole piovvero su di te accarezzandoti. Ho amato da tempo il tuo corpo di madreperla soleggiata. Ti credo persino padrona dell’universo. Ti porterò dalle montagne fiori allegri, copihues, nocciole oscure, e ceste silvestri di baci. Voglio fare con te ciò che la primavera fa con i ciliegi. Il tuo sorriso Toglimi il pane, se vuoi, toglimi l’aria, ma non togliermi il tuo sorriso. Non togliermi la rosa, la lancia che sgrani, l’acqua che d’improvviso scoppia nella tua gioia, la repentina onda d’argento che ti nasce. Dura è la mia lotta e torno con gli occhi stanchi, a volte, d’aver visto la terra che non cambia, ma entrando il tuo sorriso sale al cielo cercandomi ed apre per me tutte le porte della vita. Amore mio, nell’ora più oscura sgrana il tuo sorriso, e se d’improvviso vedi che il mio sangue macchina le pietre della strada, ridi, perché il tuo riso sarà per le mie mani come una spada fresca. Vicino al mare, d’autunno, il tuo riso deve innalzare la sua cascata di spuma, e in primavera, amore, voglio il tuo riso come il fiore che attendevo, il fiore azzurro, la rosa della mia patria sonora. Riditela della notte, del giorno, delle strade contorte dell’isola, riditela di questo rozzo ragazzo che ti ama, ma quando apro gli occhi e quando li richiudo, quando i miei passi vanno, quando tornano i miei passi, negami il pane, l’aria, la luce, la primavera, ma il tuo sorriso mai, perché io ne morrei. Il bacio Ti manderò un bacio con il vento e so che lo sentirai, ti volterai senza vedermi ma io sarò li Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni Vorrei essere una nuvola bianca in un cielo infinito per seguirti ovunque e amarti ogni istante Se sei un sogno non svegliarmi Vorrei vivere nel tuo respiro Mentre ti guardo muoio per te Il tuo sogno sarà di sognare me Ti amo perché ti vedo riflessa in tutto quello che c’è di bello Dimmi dove sei stanotte ancora nei miei sogni? Ho sentito una carezza sul viso arrivare fino al cuore Vorrei arrivare fino al cielo e con i raggi del sole scriverti ti amo Vorrei che il vento soffiasse ogni giorno tra i tuoi capelli, per poter sentire anche da lontano il tuo profumo! Vorrei fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi. Posso scrivere i versi più tristi. Posso scrivere i versi più tristi stanotte. Scrivere, per esempio: «La notte è stellata, e tremano, azzurri, gli astri, in lontananza.» Il vento della notte gira nel cielo e canta. Posso scrivere i versi più tristi stanotte. Io l’ho amata e a volte anche lei mi amava. In notti come questa l’ho tenuta tra le braccia. L’ho baciata tante volte sotto il cielo infinito. Lei mi ha amato e a volte anch’io l’amavo. Come non amare i suoi grandi occhi fissi. Posso scrivere i versi più tristi stanotte. Pensare che non l’ho più. Sentire che l’ho persa. Sentire la notte immensa, ancor più immensa senza lei. E il verso scende sull’anima come la rugiada sul prato. Poco importa che il mio amore non abbia saputo fermarla. La notte è stellata e lei non è con me. Questo è tutto. Lontano, qualcuno canta. Lontano. La mia anima non si rassegna d’averla persa. Come per avvicinarla, il mio sguardo la cerca. Il mio cuore la cerca, e lei non è con me. La stessa notte che sbianca gli stessi alberi. Noi, quelli d’allora, già non siamo gli stessi. Io non l’amo più, è vero, ma quanto l’ho amata. La mia voce cercava il vento per arrivare alle sue orecchie. D’un altro. Sarà d’un altro. Come prima dei miei baci. La sua voce, il suo corpo chiaro. I suoi occhi infiniti. Ormai non l’amo più, è vero, ma forse l’amo ancora. È così breve l’amore e così lungo l’oblio. E siccome in notti come questa l’ho tenuta tra le braccia, la mia anima non si rassegna d’averla persa. Benché questo sia l’ultimo dolore che lei mi causa, e questi gli ultimi versi che io le scrivo. Due amanti felici Due amanti felici fanno un solo pane, una sola goccia di luna nell’erba, lascian camminando due ombre che s’unisco, lasciano un solo sole vuoto in un letto. Di tutte le verità scelsero il giorno: non s’uccisero con fili, ma con un aroma e non spezzarono la pace né le parole. È la felicità una torre trasparente. L’aria, il vino vanno coi due amanti, gli regala la notte i suoi petali felici, hanno diritto a tutti i garofani. Due amanti felici non hanno fine né morte, nascono e muoiono più volte vivendo, hanno l’eternità della natura. Le tue mani Quando le tue mani muovono, amore, verso le mie, cosa mi portano in volo? Perché si sono fermate sulla mia bocca, all’improvviso, perché le riconosco come se una volta, prima, le avessi toccate, come se prima di esistere avessero già percorso la mia fronte, la mia cintura? La loro morbidezza giungeva volando sul tempo, sul mare, sul fumo, sulla primavera, e quando tu hai posato le tue mani sul mio petto, ho riconosciuto quelle ali di colomba dorata, ho riconosciuto quella creta e quel colore di grano. Per tutti gli anni della mia vita ho vagato cercandole. Ho salito scale, ho attraversato scogliere, mi hanno trascinato via treni, le acque mi hanno riportato, e nella pelle dell’uva mi è sembrato di toccarti. Il legno di colpo mi ha portato il tuo contatto, la mandorla mi annunciava la tua morbidezza segreta, finché si sono strette le tue mani sul mio petto e lì come due ali hanno concluso il loro viaggio. Qui ti amo. Negli oscuri pini si districa il vento. Brilla la luna sulle acque erranti. Trascorrono giorni uguali che s’inseguono. La nebbia si scioglie in figure danzanti. Un gabbiano d’argento si stacca dal tramonto. A volte una vela. Alte, alte stelle. O la croce nera di una nave. Solo. A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima. Suona, risuona il mare lontano. Questo è un porto. Qui ti amo. Qui ti amo e invano l’orizzonte ti nasconde. Ti sto amando anche tra queste fredde cose. A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi, che corrono per il mare verso dove non giungono. Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore. I moli sono più tristi quando attracca la sera. La mia vita s’affatica invano affamata. Amo ciò che non ho. Tu sei cosi distante. La mia noia combatte con i lenti crepuscoli. Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi. La luna fa girare la sua pellicola di sogno. Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi. E poiché io ti amo, i pini nel vento vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo metallico. Amore mio, se muoio e tu non muori Amore mio, se muoio e tu non muori, amore mio, se muori e io non muoio, non concediamo ulteriore spazio al dolore: non c’è immensità che valga quanto abbiamo vissuto Polvere nel frumento, sabbia tra le sabbie, il tempo, l’acqua errante, il vento vago, ci ha trasportato come grano navigante. Avremmo potuto non incontrarci nel tempo. Questa prateria in cui ci siamo trovati, oh piccolo infinito! la rendiamo. Ma questo amore, amore, non è finito, e così come non ebbe nascita, non ha morte, è come un lungo fiume, cambia solo di terra e labbra.

A passeggio Succede che mi stanco di essere uomo Succede che entro nelle sartorie e nei cinema smorto, impenetrabile, come un cigno di feltro che naviga in un’acqua di origine e di cenere. L’odore dei parrucchieri mi fa piangere e stridere Voglio solo un riposo di ciottoli o di lana Non voglio più vedere stabilimenti e giardini Mercanzie, occhiali e ascensori. Succede che mi stanco dei miei piedi e delle mie unghie E dei miei capelli e della mia ombra Succede che mi stanco di essere uomo. Dopo tutto sarebbe delizioso Spaventare un notaio con un giglio mozzo O dar morte a una monaca con un colpo d’orecchio. Sarebbe bello andare per le vie con un coltello verde E gettar grida fino a morir di freddo. Non voglio essere più radice nelle tenebre, barcollante, con brividi di sonno, proteso all’ingiù, nelle fradicie argille della terra assorbendo e pensando, mangiando tutti i giorni. Non voglio per me tante disgrazie Non voglio essere più radice e tomba Sotterraneo deserto, stiva di morti, intirizzito, morente di pena. E per ciò il lunedì brucia come il petrolio Quando mi vede giungere con viso da recluso E urla nel suo scorrere come ruota ferita E fa passi di sangue caldo verso la morte. E mi spinge in certi angoli, in certe case umide, in ospedali dove le ossa escono dalla finestra, in certe calzolerie che puzzano d’aceto in strade spaventose come crepe. Vi sono uccelli color zolfo e orribili intestini Appesi alle porte delle case che odio, vi sono dentiere dimenticate in una caffetteria vi sono specchi che avrebbero dovuto piangere di vergogna e spavento, vi sono ombrelli dappertutto e veleni e ombelichi. Io passeggio con calma, con occhi, con scarpe, con furia, con oblio passo attraverso uffici e negozi ortopedici e cortili con panni tesi a un filo metallico: mutande, camicie e asciugamani che piangono lente lacrime sporche. Abbiamo perso Abbiamo perso anche questo crepuscolo. Nessuno ci ha visto stasera mano nella mano mentre la notte azzurra cadeva sul mondo. Ho visto dalla mia finestra la festa del tramonto sui monti lontani. A volte, come una moneta mi si accendeva un pezzo di sole tra le mani. Io ti ricordavo con l'anima oppressa da quella tristezza che tu mi conosci. Dove eri allora? Tra quali genti? Dicendo quali parole? Perchè mi investirà tutto l'amore di colpo quando mi sento triste e ti sento lontana? E' caduto il libro che sempre si prende al crepuscolo e come cane ferito il mantello mi si è accucciato tra i piedi. Sempre, sempre ti allontani la sera e vai dove il crepuscolo corre cancellando statue. Vastità di pini Ah vastità di pini, rumore d'onde che si frangono, lento gioco di luci, campana solitaria, crepuscolo che cade nei tuoi occhi, bambola chiocciola terrestre, in te la terra canta! In te i fiumi cantano e in essi l'anima mia fugge come tu desideri e verso dove tu vorrai. Segnami la mia strada nel tuo arco di speranza e lancerò in delirio il mio stormo di frecce. Intorno a me sto osservando la tua cintura di nebbia e i1 tuo silenzio incalza le mie ore inseguite, e sei tu ton le tue braccia di pietra trasparente dove i miei baci si ancorano e la mia umida ansia s'annida. Ah la tua voce misteriosa che l'amore tinge e piega nel crepuscolo risonante e morente! Così in ore profonde sopra i campi ho visto piegarsi le spighe sulla bocca del vento. Sento la tua tenerezza Sento la tua tenerezza avvicinarsi alla mia terra, spiare lo sguardo dei miei occhi, fuggire, la vedo interrompersi, per seguirmi fino all'ora del mio silenzio assorto, della mia ansia di te. Ecco la tua tenerezza d'occhi dolci che attendono. Ecco la tua bocca, parola mai pronunciata. Sento che mi sale il muschio della tua pena e mi cresce tentoni nell'anima infinita. Questo era l'abbandono, e lo sapevi, era la guerra oscura del cuore e tutto, era il lamento sprezzato di angosce commosse, e l'ebbrezza, e il desiderio, e il lasciarsi andare, ed era questo la mia vita era questo che l'acqua dei tuoi occhi portava, era questo che stava nel cavo delle tue mani. Ah, farfalla mia e voce di colomba, ah coppa, ah ruscello, ah mia compagna! Il mio richiamo ti raggiunse, dimmi, ti raggiungeva nelle ampie notti di gelide stelle ora, nell'autunno, nella danza gialla dei venti affamati e delle foglie cadute! Dimmi, ti giungeva, ululando o come, o singhiozzando, nell'ora del sangue fermentato quando la terra cresce e vibra palpitando sotto il sole che la riga con le sue code d'ambra? Dimmi, m'hai sentito arrampicarmi fino alla tua forma per tutti i silenzi, per tutte le parole? Mi son sentito crescere. Mai ho saputo verso dove. Al di là di te. Lo capisci, sorella? Il frutto s'allontana quando arrivan le mie mani e rotolano le stelle prima del mio sguardo. Sento che sono l'ago di una freccia infinita, che penetra lontano, mai penetrerà, treno di umidi dolori in fuga verso l'eterno, gocciolando in ogni terra singhiozzi e domande. Ma eccola, la tua forma familiare, ciò ch'è mio, il tuo, ciò ch'è mio, ciò ch'è tuo e m'inonda, eccola che mi empie le membra di abbandono, eccola, la tua tenerezza, che s'attorce alle stesse radici, che matura nella stessa carovana di frutta, ed esce dalla tua anima spezzata sotto le mie dita come il liquore del vino dal centro dell'uva. Se tu mi dimentichi Voglio che sappia una cosa. Tu sai com'è questo: se guardo la luna di cristallo, il ramo rosso del lento autunno alla mia finestra, se tocco vicino al fuoco l'impalpabile cenere o il rugoso corpo della legna, tutto mi conduce a te, come se ciò che esiste, aromi, luce, metalli, fossero piccole navi che vanno verso le tue isole che m'attendono. Orbene, se a poco a poco cessi di amarmi cesserò d'amarti a poco a poco. Se d'improvviso mi dimentichi, non cercarmi, ché già ti avrò dimenticata. Se consideri lungo e pazzo il vento di bandiere che passa per la mia vita e ti decidi a lasciarmi alla riva del cuore in cui affondo le radici, pensa che in quel giorno, in quell'ora, leverò in alto le braccia e le mie radici usciranno a cercare altra terra. Ma se ogni giorno, ogni ora senti che a me sei destinata con dolcezza implacabile. Se ogni giorno sale alle tue labbra un fiore a cercarmi, ahi, amor mio, ahi mia, in me tutto quel fuoco si ripete, in me nulla si spegne n‚ si oblia, il mio amore si nutre del tuo amore, amata, e finché tu vivrai starà tra le tue braccia senza uscir dalle mie. Restare in silenzio Ora conteremo fino a dodici e tutti resteremo fermi. Una volta tanto sulla faccia della terra, non parliamo in nessuna lingua; fermiamoci un istante, e non gesticoliamo tanto. Che strano momento sarebbe senza trambusto, senza motori; tutti ci troveremmo assieme in un’improvvisa stravaganza. Nel mare freddo il pescatore non attenterebbe alle balene e l’uomo che raccoglie il sale non guarderebbe le sue mani offese. Coloro che preparano nuove guerre, guerre coi gas, guerre col fuoco, vittorie senza sopravvissuti, indosserebbero vesti pulite per camminare coi loro fratelli nell’ombra, senza far nulla. Ciò che desidero non va confuso con una totale inattività. È della vita che si tratta… Se non fossimo così votati a tenere la nostra vita in moto e per una volta tanto non facessimo nulla, forse un immenso silenzio interromperebbe la tristezza di non riuscire mai a capirci e di minacciarci con la morte. Forse la terra ci può insegnare, come quando tutto d’inverno sembra morto e dopo si dimostra vivo. Ora conterò fino a dodici e voi starete zitti e io andrò via. Posso scrivere i versi più tristi stanotte Posso scrivere i versi più tristi questa notte. Scrivere, ad esempio: La notte è stellata, e tremolano, azzurri, gli astri in lontananza. Il vento della notte gira nel cielo e canta. Posso scrivere i versi più tristi questa notte. Io l'amai, e a volte anche lei mi amò. Nelle notti come questa la tenni tra le mie braccia. La baciai tante volte sotto il cielo infinito. Lei mi amò, a volte anch'io l'amavo. Come non amare i suoi grandi occhi fissi. Posso scrivere i versi più tristi questa notte. Pensare che non l'ho. Sentire che l'ho perduta. Udire la notte immensa, più immensa senza lei. E il verso cade sull'anima come sull'erba in rugiada. Che importa che il mio amore non potesse conservarla. La notte è stellata e lei non è con me. È tutto. In lontananza qualcuno canta. In lontananza. La mia anima non si rassegna ad averla perduta. Come per avvicinarla il mio sguardo la cerca. Il mio cuore la cerca, e lei non è con me. La stessa notte che fa biancheggiare gli stessi alberi. Noi quelli di allora, più non siamo gli stessi. Più non l'amo, è certo, ma quanto l'amai. La mia voce cercava il vento per toccare il suo udito. D'altro. Sarà d'altro. Come prima dei suoi baci. La sua voce, il suo corpo chiaro. I suoi occhi infiniti. Più non l'amo, è certo, ma forse l'amo. È così breve l'amore, ed è sì lungo l'oblio. Perché in notti come questa la tenni tra le mie braccia, la mia anima non si rassegna ad averla perduta. Benché questo sia l'ultimo dolore che lei mi causa e questi siano gli ultimi versi che io le scrivo. Ode alla speranza Crepuscolo marino, in mezzo alla mia vita, le onde come uve, la solitudine del cielo, mi colmi e mi trabocchi, tutto il mare, tutto il cielo, movimento e spazio, i battaglioni bianchi della schiuma, la terra color arancia , la cintura incendiata del sole in agonia, tanti doni e doni, uccelli che vanno verso i loro sogni, e il mare, il mare, aroma sospeso, coro di sale sonoro, e nel frattempo, noi, gli uomini, vicino all'acqua, che lottiamo e speriamo vicino al mare, speriamo. Le onde dicono alla costa salda: Tutto sarà compiuto. Mi piaci quando taci Mi piaci quando taci perché sei come assente, e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca. Sembra che gli occhi ti sian volati via e che un bacio ti abbia chiuso la bocca. Poiché tutte le cose son piene della mia anima emergi dalle cose, piene dell’anima mia. Farfalla di sogno, rassomigli alla mia anima, e rassomigli alla parola malinconia. Mi piaci quando taci e sei come distante. E stai come lamentandoti, farfalla turbante. E mi ascolti da lungi, e la mia voce non ti raggiunge: lascia che io taccia col tuo silenzio. Lascia che ti parli pure col tuo silenzio chiaro come una lampada, semplice come un anello. Sei come la notte, silenziosa e costellata. Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice. Mi piaci quando taci perché sei come assente. Distante e dolorosa come se fossi morta. Allora una parola, un sorriso bastano. E son felice, felice che non sia così. La Regina Io ti ho nominato regina. Ve n’è di più alte di te, di più alte. Ve n’è di più pure di te, di più pure. Ve n’è di più belle di te, di più belle. Ma tu sei la regina. Quando vai per le strade nessuno ti riconosce Nessuno vede la tua corona di cristallo, nessuno guarda il tappeto d’oro rosso che calpesti dove passi, il tappeto che non esiste. E quando t’affacci tutti i fiumi risuonano nel mio corpo, scuotono il cielo le campane, e un inno empie il mondo. Tu sola ed io tu sola ed io, amor mio, lo udiamo. Due amanti felici Due amanti felici fanno un solo pane, una sola goccia di luna nell'erba, lascian camminando due ombre che s'unisco, lasciano un solo sole vuoto in un letto. Di tutte le verità scelsero il giorno: non s'uccisero con fili, ma con un aroma e non spezzarono la pace né le parole. E' la felicità una torre trasparente. L'aria, il vino vanno coi due amanti, gli regala la notte i suoi petali felici, hanno diritto a tutti i garofani. Due amanti felici non hanno fine né morte, nascono e muoiono più volte vivendo, hanno l'eternità della natura.